Cosa è sano per un sano microbiota?

Il microbiota si adatta alla dieta
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La comunicazione microbo-ospite è essenziale per mantenere le funzioni vitali di un ospite sano e la sua interruzione è stata associata a diverse malattie, tra cui il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, le due principali forme di malattia infiammatoria intestinale (IBD).
Sebbene i singoli membri del microbiota intestinale siano stati associati a IBD sperimentale, l’identificazione di microrganismi che influenzano la suscettibilità alle malattie e i fenotipi negli esseri umani rimane una sfida considerevole.

Attualmente, la mancanza di una definizione tra ciò che è sano e ciò che è un microbioma intestinale disbiotico limita la ricerca. Tuttavia, sebbene manchi ancora una chiara dimostrazione del concetto di causalità, vi è una necessità sempre più evidente di comprendere le basi microbiche delle IBD a livello di ceppo microbico, genomico, epigenomico, e livelli funzionali e in specifici contesti clinici.
Informazioni recenti sul ruolo della dieta e sui nuovi fattori di rischio ambientale che influenzano il microbioma intestinale hanno implicazioni dirette per la risposta immunitaria che influisce sullo sviluppo di IBD.

Dieta e microbiota

Diversi studi hanno studiato le abitudini alimentari, probabilmente il fattore ambientale più onnipresente, e il loro ruolo nel modellare il microbiota intestinale.
Ad esempio, l’evidenza ha dimostrato che una dieta ipercalorica, costituita da cibi a base di grassi e carboidrati, determina un’espansione preferenziale dei generi Bacteroides e Prevotella e del Bacteroidetes phylum negli adulti, con cambiamenti che si verificano in modo relativamente rapido.

Inoltre, il cibo rigorosamente di origine animale ha aumentato l’abbondanza relativa di microrganismi tolleranti alla bile, riducendo la presenza di microrganismi in grado di metabolizzare i polisaccaridi vegetali della dieta.

Questi risultati hanno dimostrato cambiamenti tra la fermentazione dei carboidrati e delle proteine, confermando che il microbiota può adattarsi rapidamente ai cambiamenti nei modelli dietetici. Inoltre, i cambiamenti nella composizione microbica sono stati seguiti da cambiamenti nella produzione molecolare del microbioma con interventi dietetici.

È stato infatti dimostrato che gli SCFA, prodotti della digestione batterica delle fibre con funzioni omeostatiche critiche nella mucosa e proprietà antinfiammatorie, aumentano con le diete a base vegetale. Questo potrebbe spiegare la riduzione degli SCFA in una dieta tipica occidentale (di origine animale, ipercalorica, ricca di grassi).  Mentre gli individui che consumano proporzioni maggiori di carne rossa e grassi hanno un rischio maggiore di IBD, altri che consumano prevalentemente fibre di frutta e verdura hanno un rischio inferiore.

Per quanto riguarda il contenuto di grassi nella dieta, in particolare gli acidi grassi polinsaturi, dati recenti indicano che un elevato rapporto omega-6/omega-3, tipico delle diete di tipo occidentale, è associato ad effetti proinfiammatori. Inoltre, è stato dimostrato che gli acidi grassi polinsaturi esercitano non solo effetti sulla risposta immunitaria, agendo direttamente sulle cellule immunitarie, ma influenzano anche la composizione del microbiota intestinale, influenzando così le interazioni ospite-microbioma a diversi livelli.

Il consumo di alimenti trasformati, solitamente a basso contenuto di acidi grassi omega-3 e micronutrienti come lo zinco e le vitamine D ed E, un’altra caratteristica comune delle diete occidentalizzate, è stato anche associato allo sviluppo di malattie infiammatorie croniche.

A livello globale, i principali cambiamenti nei modelli dietetici verso diete progressivamente più occidentalizzate, insieme ai cambiamenti socioeconomici e demografici, rappresentano una transizione globale che potrebbe spiegare il diffuso aumento dei tassi di diversi metabolici e IMD che potenzialmente implicano cambiamenti nel microbioma intestinale e la sua interazione con l’ospite.

Significato clinico

La complessità della patogenesi dell’IBD, che coinvolge più elementi distinti, suggerisce la necessità di un approccio integrativo, probabilmente utilizzando la modellazione computazionale di set di dati molecolari per identificare bersagli terapeutici più specifici.

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Fonti :

mar 26 aprile 2022
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